Il trust per la pianificazione successoria

L’impiego del testamento, unico ed inderogabile mezzo espressivo codicisticamente previsto per disporre di una situazione patrimoniale post mortem, non sempre costituisce un adeguato sistema di trasmissione generazionale della ricchezza in grado di soddisfare efficacemente le esigenze dei privati, peraltro, mutevoli nel corso tempo in ragione del naturale evolversi dei fattori sociali e culturali – come, ad esempio, l’allungamento della vita media o il diffondersi di rapporti interpersonali di tipo “parafamiliari” – nonché dei modelli economici ed industriali di riferimento, che hanno recato con sé la necessità di evitare dispersioni della ricchezza nel passaggio generazionale dei patrimoni aziendali, specie a conduzione familiare, ma non solo.

Non a caso nell’ultimo decennio, si è assistito alla concreta utilizzazione di nuovi strumenti giuridici c.d. di “pianificazione successoria”, ovvero una regolamentazione di natura contrattuale o, comunque, alternativa al testamento, idonea a far fronte alle molteplici occorrenze espresse dal futuro de cuius ed enucleate dalla miglior dottrina:

  1. nella conservazione dell’unità del patrimonio familiare;
  2. nel mantenimento della destinazione economica di determinati beni;
  3. nella realizzazione della successione anche al di fuori del nucleo familiare;
  4. nel garantire, oltre la propria vita, il mantenimento e la formazione educativa, spirituale e professionale a determinati soggetti (soprattutto se disabili);
  5. nel verificare la bontà dell’assetto patrimoniale impostato già durante la propria vita sì da poterlo eventualmente modificare.

Un’efficace forma convenzionale di trasmissione della ricchezza idonea a realizzare le finalità sopra esposte, in luogo del testamento (ma anche dei correlati istituti del nostro diritto successorio), è rappresentata dall’istituto del “trust successorio o in funzione successoria”. Tale attitudine altro non è che diretta conseguenza della struttura e degli effetti posti in essere dal trust. In termini generali, il trust è quel negozio giuridico in forza del quale il Disponente-testatore trasferisce la proprietà di determinati beni ad un Trustee incaricando quest’ultimo, sotto l’eventuale controllo di un terzo soggetto, il Guardiano, di gestirli ed amministrarli in favore dei beneficiari, determinati o determinabili, secondo un programma delineato dallo stesso Disponente. È possibile che il trust sia costituito mediante un atto tra vivi con effetti post mortem, in quanto i suoi effetti attributivi si attuano solo dopo la morte del Disponente (c.d. “trust con finalità successorie”) oppure direttamente a mezzo di un atto di ultima volontà, come testualmente previsto dall’art. 2 della Convenzione de L’Aja del 1° luglio del 1985, c.d. “trust testamentario”. Un caso famoso di trust testamentario è quello redatto, ad esempio, dal tenore Luciano Pavarotti.

Indipendentemente dalle sue modalità di istituzione, inter vivos o mortis causa, con il trasferimento dal Disponente al Trustee i beni entrano a far parte delle sostanze di quest’ultimo integrando un patrimonio separato e destinato allo scopo, dispiegando un’efficacia segregativa: i beni in trust insuscettibili di soggiacere alle vicende personali che riguardano il Trustee, il Disponente e i beneficiari stessi.

La funzionalità del trust ad assolvere la causa successoria del Disponente, si evidenzia nella possibilità di arricchire lo schema negoziale assecondando le esigenze successorie sopra evidenziate. Tramite la regolamentazione contenuta nell’atto istitutivo (programma), Il Disponente-testatore può:

– modulare i poteri attribuiti al Trustee e al Guardiano, così prolungando anche oltre la propria vita la possibilità di verificare ed eventualmente variare l’assetto patrimoniale originariamente predisposto;

– pianificare gli interessi in modo da tener conto delle mutevoli contigenze di vita. Si pensi, ad esempio, alle esigenze di mantenimento che il Disponente può aver interesse a soddisfare solo per un determinato periodo ovvero a favore unicamente di alcune persone, anche estranee al proprio nucleo familiare;

– può, nel valutare la meritevolezza delle persone prescelte quali beneficiari, nominare nuovi o di revocare precedenti beneficiari;

– può modulare i poteri attribuiti al Trustee e al Guardiano, così prolungando anche oltre la propria vita la possibilità di verificare ed eventualmente variare l’assetto patrimoniale originariamente predisposto;

– può, in caso di trust testamentario, mantenere il possesso e la gestione dei beni sino all’evento della sua morte;

Ciò per il Disponente è funzionale a “collaudare” l’assetto patrimoniale predisposto per dopo la sua morte. Il tutto, per di più, al riparo da eventuali rischi non inerenti alla finalità del trust attraverso la separazione patrimoniale di cui gode il fondo in trust.

In definitiva, è di tutta evidenza come il trust si presti a fungere da duttile ed efficace strumento di pianificazione successoria.

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